Compare dalla fine di marzo a novembre e può produrre due generazioni nel corso dell'anno. È specie pioniera, fortemente migratrice, le cui larve si sviluppano in acque stagnanti sia dolci che salmastre, spesso poco profonde e povere di vegetazione come stagni, anche di recente formazione, cave dismesse allagate, risaie e lagune costiere. E' presente anche in acque debolmente correnti.
Ofride verde-bruna, Ofride fior di ragno, Fior ragno, Fior di ragno, - Ophrys araignée, Early spider-orchid, Primeras Orquídeas araña, Spinnen-Ragwurz
L'Ofride verde-bruna (nome scientifico Ophrys sphegodes Mill., 1768)
Orchidaceae.
l nome generico (Ophrys), secondo quanto scrive lo scrittore romano Plinio il Vecchio (23 – 79), deriva da un'antica parola greca “οφρύς” e significa “sopracciglio”. Gli antichi (scrive sempre il naturalista latino) usavano appunto questa pianta per produrre una tintura per colorare le sopracciglia. Può essere però che il vero significato derivi molto più semplicemente dalla forma delle lacinie interne del perigonio[1], oppure dalla pelosità del labello (carattere molto più evidente del primo). Il nome specifico (sphegodes) deriva, sempre dal greco, dalla parola "sphex" (= vespa) e si riferisce ai particolari disegni sul labello. In realtà altri in quei disegni vedono un addome di un ragno (da qui alcuni nomi comuni).
La denominazione scientifica attualmente accettata di questa orchidea (Ophrys sphegodes) è stata proposta dal botanico scozzese Philip Miller (1691 – 1771) in una pubblicazione del 1768, ottava edizione del suo Dictionnaire.
In lingua tedesca questa pianta si chiama Gewöhnliche Spinnen-Ragwurz; in francese si chiama Ophrys araignée; in lingua inglese si chiama Early Spider Orchid.
Proprietà ed utilizzi:
Anche l'uomo, in talune regioni come la Turchia, diventa fattore attivo del rischio di estinzione di questo genere a causa dell'uso dei tuberi per produrre una farina "il SALEP" (in arabo "sahlab") che nella credenza popolare, ancora oggi, viene considerato afrodisiaco; oppure per produrre gelati o per dare un gusto particolare al burro di Yak; per produrre un kg di salep occorre sradicare circa 1000 piante.
Il rospo comune (Bufo bufo (Linnaeus, 1758)) è un anfibio anuro della famiglia Bufonidae, diffuso in Eurasia e nel nord-ovest dell'Africa.[2]
Il rospo comune è protetto dalla convenzione di Berna per la salvaguardia della fauna minore.
È l'anfibio più grande d'Europa, e raggiunge addirittura i 20 cm (zampe escluse). La sua colorazione è marrone, che può tendere al rossiccio, il ventre tende ad essere biancastro. La pelle presenta numerose verruche, che secernono sostanze urticanti solo se a contatto con le mucose.
Le pupille del rospo comune sono orizzontali; l'occhio è di color oro scuro o rame, e nel suo collo vi sono due ghiandole parotoidi ovali. Queste ghiandole contengono un liquido biancastro irritante per le mucose.
Gli animali della zona meridionale dell'areale tendono ad essere più grandi e con pelle più "spinosa" cioè con verruche più prominenti.
Si tratta di una specie europea, distribuita dalla Germania all'Italia e dalla Spagna alla Russia meridionale.
Si trova anche nell'Africa nord-occidentale, in Asia Minore, nel Caucaso, nel Vicino Oriente, in Iran, Afghanistan, Kazakistan (Radchenko 1997c).
Abita praterie xerotermiche e aree arbustive, soprattutto negli habitat mediterranei. I nidi sono costruiti nel terreno. (Marko et al., 2009; Rigato & Toni, 2011).
Il grano saraceno (Fagopyrum esculentum) è una specie appartenente alla famiglia delle Poligonacee.
È una pianta erbacea e annuale, compie il suo ciclo biologico in 80-120 giorni.
Nel tardo Medioevo la pianta raggiunse l'Europa arrivando sulle coste del mar Nero e poi nel Meclemburgo e nell'Eifel (Germania) dove è documentata nel XV secolo con il nome di Heenisch, cioè l'odierno Heidenkorn, vale a dire "grano dei pagani".
Nel XVII secolo giunse in Svizzera dove è conosciuta con il nome di Heyden o Heidenkorn, mentre a metà del XVI secolo la pianta è documentata per la prima volta in Italia in un atto relativo alle proprietà della famiglia Besta di Teglio in Valtellina con il nome di formentone.
La pianta venne in seguito introdotta nel Ducato di Modena nel 1621 ad opera del commerciante di origine ebraica Donato Donati. Più recentemente alcuni ricercatori hanno indicato la zona dell'Himalaia orientale come probabile centro di addomesticazione primario.
Nottua delle graminacee.
famiglia Noctuidae con apertura alare di 41-48 mm. Falena cosmopolita.
Le piante ospitanti i bruchi sono le Graminacee delle praterie come Agrostis, Fleo, ma anche Mais, Sorgo, Miglio, Avena, Orzo, Riso, Erba medica, Trifoglio, Lino, Colza ecc.
Impronte presunto sciacallo dorato che si è stabilizzato nel Parmense
La posizione non è esatta per ovvi motivi
L'Auricularia auricula-judae (noto comunemente come orecchio di Giuda, è un fungo della famiglia delle Auricularaceae.
È la specie più nota del genere Auricularia. Viene coltivato su tronchi d'albero ed è oggetto di commercio soprattutto in Cina.
Buona, ma vi sono pareri discordanti al riguardo, in quanto secondo alcuni non è un fungo di particolare pregio. Ciononostante molti lo considerano un ottimo commestibile.
Può essere consumato crudo insieme all'insalata.
È un fungo molto apprezzato e ricercato in alcuni paesi orientali (Cina, Filippine, Giappone), dove viene coltivato e commercializzato; è molto ricercato anche in alcune zone d'Italia. Se consumato troppo di frequente e in quantità eccessive può far insorgere la sindrome di Szechwan.
bardana maggiore
Asteraceae
Bardana maggiore, Great burdock, grande bardane, große Klette, lapa, bardana-maior
«lappola » citata tra le malerbe nel Re Lear di Shakespeare, 17 ossia la bardana – rigogliosa, con foglie che ricadono verso il basso e frutti che si attaccano ai vestiti e ai peli degli animali – nel Seicento iniziò a fare la sua comparsa nella pittura paesaggistica. Non è mai ritratta al centro della scena, né viene messa in particolare evidenza, tuttavia compare ai margini di numerosi quadri: lanuginosa, elegante, talvolta difficile da scorgere, come un simbolo di cui l’osservatore debba decifrare il significato nascosto. Possiamo affermare che la bardana è stata la prima erba infestante a cui sia stata attribuita una sorta di bellezza artistica o architettonica. Comprende due specie, la bardana maggiore ( Arctium lappa) e la più comune bardana minore (Arctium minus), ma trattandosi di piante di altezza variabile è facile confonderle. In entrambe le specie il fusto è robusto alla base, con foglie grandi e cuoriformi, ma verso l’apice si ramifica e le foglie diventano più piccole.
Tuttavia al giorno d’oggi i ricci della bardana possiedono un valore più pratico, che riecheggia curiosamente quell’idea di «bellezza dell’irregolarità» espressa dai pittori di paesaggi: sono stati loro infatti a ispirare l’invenzione del velcro negli anni cinquanta. La chiusura a velcro è una tipica soluzione biologica a un problema. Ha poco a che spartire con la precisione della «ingegneria delle strutture». Come suggerisce lo scrittore di scienza Peter Forbes, si tratta del «primo esempio di logica estensionale... i ganci e le asole del velcro non devono essere allineati con precisione... non è necessario che un certo gancio passi attraverso una determinata asola: ogni volta ci sarà un numero sufficiente di ganci che troveranno un’asola in cui infilarsi per far aderire le due parti del velcro». I ricci della bardana sono un intrico di spine sottili che terminano in un uncino flessibile, mentre le «asole» sono i nodi del pelo degli animali a cui si possono facilmente agganciare. Il racconto di come i ricci della bardana abbiano dato origine a un nuovo materiale interamente sintetico ma che si avvale della biotecnologia della natura ha per protagonista George de Mestral, un inventore svizzero particolarmente interessato alle chiusure. Negli anni quaranta de Mestral era solito andare a caccia con il suo cane sulle montagne del Giura. Al rientro da una di quelle passeggiate vide che il cane era coperto di ricci, ma anziché limitarsi a toglierli de Mestral iniziò a riflettere sulla forza con cui aderivano al pelo dell’animale. (Secondo una versione apocrifa, l’inventore sarebbe stato frustrato dagli sforzi necessari per infilare i ganci nelle asole del vestito da sera della moglie). Il riccio della bardana è sferico perché si è evoluto in modo da massimizzare il numero di angolazioni da cui può attaccarsi al pelo degli animali che passano accanto alla pianta: de Mestral però intuì che se fosse stato piatto avrebbe potuto aderire a una superficie ruvida da qualunque angolazione. De Mestral dovette attendere la fine della Seconda guerra mondiale prima di poter mettere in pratica la sua intuizione. All’epoca il nylon, inventato nel 1937, era l’unica fibra che potesse essere lavorata in modo da formare gli uncini e le asole sintetici di cui l’inventore aveva bisogno. Tuttavia si trattava di un materiale prezioso per lo sforzo bellico, così de Mestral riuscì ad ottenerne una quantità sufficiente per i propri esperimenti solo sul finire degli anni quaranta. Le asole erano facili da realizzare, ma per creare gli uncini bisognava far passare il filo di nylon sopra una barra che veniva scaldata per fissare la forma. Il Velcro venne brevettato nel 1951: con l’aiuto di un tessitore francese, de Mestral perfezionò il suo sistema di chiusura mettendolo sul mercato nel 1955. Il Velcro ha ottenuto il massimo riconoscimento nel 1996 quando un presunto giornale scientifico, ricalcando il celebre pesce d’aprile realizzato nel 1957 dalla BBC, 19 raccontò che le piantagioni di velcro della California erano colpite da forti venti che facevano sì che le spore dei cespugli di uncini si unissero a quelle dei cespugli di asole, dando origine a capsule di Velcro agganciate all’interno e dunque impossibili da aprire.
Elogio delle erbacce
Richard Mabey
http://www.iucn.it/scheda-2018.php?id=1998911035
Famiglia dei Papilionidi.
Tipica dell’ambiente montano, come quello dei monti Sibillini.
Ha una sola generazione annuale, con sfarfallamento tra aprile e luglio (salendo di quota).
Il bruco vive preferibilmente su sedum e sempervivum.
Epicauta rufidorsum (Goeze, 1777)
Meloidi
Probabile Epicauta rufidorsum.
Meloidi ...
Epicauta rufisorsum invece ha la testa rossa con una banda mediana scura.
La larva di questa specie si nutra di uova di ortotteri. L'adulto invece è fitofago.
Vespa mammut
In queste calde giornate estive si può osservare svolazzare di fiore in fiore la più grande vespa europea, la Megascolia maculata flavifrons, Fabricius, 1775 (nella foto, una femmina posata su di una foglia di Cocomero asinino, Ecballium elaterium (L.) A. Rich).
Un gigante buono e solitario tanto grande e appariscente da meritare il nome divespa mammut (Mammoth wasp). Ma anche una delle vespe più belle e fondamentalmente innocue (non abbiate paura). Gli adulti infatti possono arrivare ai 50-60 mm di lunghezza ed hanno una colorazione uniformemente nera, con due bande gialle sul secondo e terzo tergite addominale. La femmina, dalla testa color giallo vivo, è più grande del maschio, che ha la testa completamente nera. Quello degli insetti è un mondo decisamente femminista.
La Megascolia è un parassitoide (parassitoidi idiobionti), cioè le femmine depongono le uova in una larva-ospite, solitamente larve dello Scarabeo rinoceronte (Rhinocerous Oryctes nasicornis).
https://ilgiardinodidarwin.com/2015/12/07/il-mammut-e-il-rinoceronte/
Furcula. bifida or Furcula. bicuspis
Cabianchi
L’ Hydaticus (Guignotites) leander (Rossi 1790) Ditiscide di medie dimensioni (9-12 mm.), Sottofamiglia Dytiscinae.
https://www.naturamediterraneo.com/forum/topic.asp?TOPIC_ID=35556
Sesiidae
L'ala trasparente e le antenne imitano molto bene l'aspetto di alcuni imenotteri.
Falena bivoltina. Vola da fine maggio a luglio, la seconda generazione è visibile ad agosto.
La si trova in tutti i terreni atti a soddisfare l’esigenze delle piante nutrici ruderali con microclima caldo che favoriscono lo sviluppo della falena. Qui fotografata in un parco pubblico di Borello, Cesena.
Le larve si nutrono delle piante della specie Rumex (Rumex crispus, Rumex acetosa ecc.).
Cicindela campestris Linnaeus, 1758 è un coleottero carabide della sottofamiglia Cicindelinae.
Osservazione svolta all'interno del progetto
LA SCUOLA NEL BOSCO
Ovvero a scuola di Biodiversità.
Studiare la Natura Urbana della piccola città di Gambettola (FC), per riconoscere il grande tesoro di biodiversità che ci circonda e che è in continuo pericolo.
Un progetto didattico annuale rivolto alle classi 1° e 3°D della scuola media Ippolito Nievo di Gambettola, Forlì-Cesena, ma aperto a tutti i cittadini appassionati di Natura.